GHIACCIAI che scompaiono

 

                                                                                                                                 20 NOVEMBRE 2016

 

 

La bellezza del massiccio del Bernina. Anche qui gli effetti dell’innalzamento delle temperature hanno già eroso una grande parte del ghiacciaio Morteratsch. Monitorato da un drone messo a punto dai ricercatori delìUniversità di Milano Bicocca, ha subito in tre mesi una perdita di 5 metri in lunghezza e 6 metri di spessore sulla fronte.

Foto di Alec Pase

 

Se ne parla da anni, troppi, i ghiacciai si stanno riducendo e in alcuni casi stanno scomparendo ad una velocità preoccupante. Eppure l’atteggiamento del mondo assomiglia a quello della famosa favola della cicala, e, purtroppo, noi siamo le cicale. L’allarme lanciato anni fa dagli scienziati è stato finalmente ascoltato, e tutti ci auguriamo che non sia troppo tardi, ma lo scioglimento dei ghiacciai, le risorse auree dell’oro blu, nocciolo della preservazione dell’ecosistema, è un fatto conclamato che ha raggiunto livelli di massima allerta. Che fare ? L’accordo di Kyoto, così faticosamente e tardivamente raggiunto, è già molto, rispetto a prima, ma per salvare il pianeta altri passi dovranno essere fatti, e velocemente, nella direzione delle energie pulite, certamente ad ogni livello e in tutti i Paesi, ma anche e soprattutto, nella presa di coscienza e la sua diretta, fattiva conseguenza, della popolazione mondiale per il rispetto di tutte quelle norme, molte delle quali non scritte, che, se messe in pratica da ogni abitante del globo, risolleverebbero le stime di sopravvivenza dell’ecosistema, che potrebbe tornare a garantire un futuro decente ai nostri posteri. Non si tratta di pessimismo, ormai i dati sono alla portata di tutti, e gli svarioni del clima, un piccolo anticipo sul totale che ci aspetterebbe, sono sui nostri schermi un po’ troppo spesso, ultimamente. In Groenlandia, nell’agosto del 2015, in due giorni, in un colpo solo sono scomparsi circa 12 km quadrati di superficie del Jakobshawn Glacier, che nel 2012, aveva registrato un indietreggiamento di circa 17 km quadrati nell’arco di un anno. Le stime ci dicono che in meno di 20 anni è andato perso il 40% del ghiaccio Artico, e se i ghiacciai collassano, è facile pensare all’effetto sui livelli oceanici, il 25% dell’acqua del pianeta si trova lì, il che equivarrebbe ad un innalzamento degli oceani fino a 20 metri. Come se non bastasse questa visione apocalittica, l’effetto domino sarebbe dirompente. E’ notizia di questi giorni che in Uganda i ghiacciai del monte Rwenzori, sono scomparsi e gli effetti saranno catastrofici anche sull’economia del  Paese; l’Uganda è il maggiore produttore di caffè in Africa, e c’è il rischio concreto di incontrollabili inondazioni sulle piantagioni che si trovano alle pendici del monte. In questi giorni è in corso la 22° conferenza delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico, capi di Stato e di Governo si confronteranno sugli obiettivi raggiunti o non, sulle tempistiche degli impegni presi e su un piano di molti miliardi di dollari per aiutare i Paesi in via di sviluppo ad affrontare le conseguenze del cambiamento del clima. Rimettere in discussione l’obiettivo del Trattato di Parigi, che consiste nel contenere entro due gradi l’aumento delle temperature medie globali, come alcuni Paesi stanno tentando di fare, ad un grado e mezzo, è improponibile; già oggi, con neanche un grado di aumento, i danni sono sotto gli occhi di tutti. Recentemente è allo studio un progetto capace di produrre carburanti direttamente dal CO2 atmosferico con l’aiuto dell’energia rinnovabile, un processo che ricorda la fotosintesi naturale che sintetizza composti energetici dall’anidride carbonica dell’aria, per mezzo dell’energia del sole. I tentativi della ricerca sono molti e continui, ma al momento, gli elementi più concreti per un piano di azione  sono solo tre: sostituire le fonti fossili, sperperare meno energia e riforestare il pianeta, e c’è bisogno di attuarli con grande determinazione e fretta, per rimettere in asse il sistema climatico della Terra.

Groenlandia, Islanda, Francia, Svizzera, Canada, Nepal, Antartica ..  le riserve d’acqua più grandi del mondo, sono state registrate nel 2006 da un gruppo di geologi, scienziati, esploratori e climatologi, che hanno ripreso per mezz’ora al giorno per tutto l’anno, il movimento di una ventina di ghiacciai e il documentario, che testimonia crolli impressionanti in tempo reale, è girato nei cinema un paio di anni fa. Dovrebbe essere  proiettato in tutte le scuole, dalle elementari ai licei, e si dovrebbero introdurre come materia di studio, argomenti necessari a formare un’umanità più responsabile, attenta, cosciente del fatto che salvare e preservare il pianeta non è “solo” etico e doveroso nei confronti di tutti gli esseri viventi che lo abitano, non è “solo” salvare la bellezza che ci stupisce ogni volta che ci fermiamo un attimo a contemplare i capolavori della natura, ma necessario, senza se e senza ma, alla nostra stessa sopravvivenza.

 

MariaGrazia Pase